«Ebreo di sangue, amburghese di cuore, d’anima fiorentino»: così amava definirsi Aby Warburg (1866-1929), con una formula che rende bene l’ossessiva ricerca di sé, coltivata attraverso l’autonarrazione, e gli importanti cambi di rotta che hanno segnato il suo percorso. Se oggi è riconosciuto come uno dei più influenti storici dell’arte e della cultura del XX secolo, lo è a dispetto di una salute mentale precaria e di una vita da “fuorilegge”, convinto che il vero acume appartenga solo a chi è pronto a deviare dalle aspettative ordinarie della società.
Dopo aver rinunciato al ruolo di primogenito nella famiglia di banchieri più facoltosa della Germania e aver rinnegato l’ortodossia ebraica, Aby insegue le proprie intuizioni e intraprende un vagabondaggio nel mondo dei simboli che lo porta dal selvaggio West fino nel cuore del Rinascimento, a Firenze. Studioso indipendente, libero pensatore, insofferente verso la struttura compartimentale dell’università ma in dialogo con gli intellettuali più evoluti del suo tempo, Warburg inaugura una metodologia olistica, che integra l’indagine storico-artistica con scienze quali l’antropologia, la medicina e la psicologia. Questo approccio interdisciplinare guida le sue ricerche sulla sopravvivenza dell’antico – condensate nella sua celebre opera incompiuta Atlante Mnemosyne – e la creazione della sua straordinaria biblioteca, oggi conservata presso il Warburg Institute di Londra, prezioso punto di riferimento per gli accademici di tutto il mondo.
Hans C. Hönes restituisce un ritratto dettagliato e intimo di un uomo che, nonostante le innumerevoli difficoltà umane e professionali, ha saputo anticipare i tempi gettando le basi della contemporanea storia dell’arte.