Una rivelazione può nascondersi ovunque. Nella coda di un pavone o nei cocktail psicotropi delle serate jungle della Londra anni Novanta. E la rivelazione è questa: l’Inferno che ci circonda è l’idea di Paradiso che l’Occidente è riuscito a calare in Terra. Un sogno avverato, fatto di violenza ed esclusione, oppressione e prevaricazione… l’imposizione al mondo di una misura che quel mondo rifiuta. Poiché il mondo, la biosfera, che noi siamo e che è in noi, è una cosa sola: illogica manifestazione di pura bellezza. Priva di telos e di ragione, è la Second Summer of Love della materia senziente.
In queste pagine Timothy Morton intona la sua voce, più personale e sfolgorante che mai, alla visionaria poesia di William Blake, per iniziarci allo splendore di un universo musicale, filosofico, microbiologico e narrativo in cui l’mdma incarna la fenomenologia, il synth pop si intesse al Romanticismo inglese e la sessualità, la mutazione, la simbiosi sono le voci rivelatorie delle acque di un Lete psicoattivo.
Morton diventa il Virgilio allucinato di un vertiginoso, esilarante, caleidoscopico «tunnel di laser» in cui l’autofiction, la teologia e le canzoni di Prince si compenetrano in uno sconvolgente sistema che cova la più dolce delle rivelazioni: tutto ciò che vive è sacro.
Ora sta a noi seguirlo, dimenticando misure, ragioni e logica. «Farci prendere, lasciarci andare», in una vita che nella sua condizione base è danza e sogno, poesia e cura. Se non c’è uscita dall’Inferno allora dobbiamo farlo nostro, non con la pace ma con la spada misericordiosa di «un incessante atto d’amore, decoloniale e liberatorio».