Arte e anarchia

32,00

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230 pp.
1997

Nella Repubblica di Platone l’arte e gli artisti sono considerati un pericolo, una minaccia per l’ordine, e vengono sottoposti a censura. Al contrario, nei tempi in cui viviamo, la diffusione dell’arte cresce ogni giorno, la censura non può che sembrarci segno di arretratezza o di barbarie; dei pericoli dell’arte non si usa parlare, e certo di fronte a essa non si prova più quel «sacro timore» di cui scriveva Platone. Il rapporto fra queste due opposte concezioni è molto ambiguo: Edgar Wind – illustre studioso d’arte e anche sottile decifratore della storia del pensiero occidentale – lo ha scelto come tema di una serie di conferenze, arricchite da un prezioso apparato di note, che ormai sono da considerare come un testo classico del pensiero sull’arte. Fin dall’inizio del libro l’autore ci fa intendere con ironia e discrezione che forse Platone sapeva meglio di noi che cos’è l’arte, e giustamente la temeva, perché i poteri dell’immaginazione sono quanto di più vicino, nell’uomo, a un fuoco trasformatore o distruttivo. L’estrema leggerezza e tranquillità con cui oggi si guarda alle opere d’arte sarebbe piuttosto una conferma di quella «morte dell’arte» annunciata da Hegel. Per un destino beffardo, che Wind ci fa ripercorrere nelle sue tappe più importanti, l’arte occidentale è diventata autonoma e sovrana proprio nel momento in cui le è stato sottratto il suo vero potere. L’arte autonoma, coperta di inutili onori, si è venuta così a trovare in una zona ornamentale, marginale, della realtà, non essendole ormai riconosciuto di occuparne il temibile e fiammeggiante centro. Questa situazione paradossale, doppia, dove ogni soluzione si rivela essere una trappola, viene indagata da Wind con precisione filologica e lucidità di argomentazione, facendo perno su alcuni passaggi decisivi nella riflessione sull’arte, dai Greci ai Romantici e alle teorie dell’avanguardia. Ma anche molti problemi della pratica artistica vengono toccati: la tecnica del restauro, il declino dell’arte didascalica, i vari metodi di attribuzione, il rapporto tra arte e scienza, tutti questi temi appaiono di volta in volta abilmente inseriti nel tessuto speculativo del libro, che mantiene peraltro con eleganza il tono della conversazione, senza mai soccombere di fronte alla gravità dei problemi. Alla fine di questa laboriosa ricerca controcorrente, il rapporto fra arte e anarchia ci apparirà in termini nuovi e piuttosto amari: l’arte, cacciata un tempo dalla Repubblica di Platone perché sovvertitrice dell’ordine, viene oggi allevata alla anarchia, ma, forse, accetterebbe di nuovo tutte le costrizioni pur di ritrovare la forza folle che è alla sua origine.