“È come se ci fossero due operazioni opposte. Da un lato si eleva a ‘maggiore’: di un pensiero si fa una dottrina, di un modo di vivere si fa una cultura, di un avvenimento si fa Storia. Si pretende così riconoscere e ammirare, ma, in effetti, si normalizza. Succede lo stesso per i contadini delle Puglie, secondo Carmelo Bene: si può dar loro teatro, cinema e persino televisione. Non si tratta di rimpiangere il vecchio buon tempo, ma d’essere sgomenti di fronte all’operazione che subiscono, l’innesto, il trapianto fatto alle loro spalle per normalizzarli. Sono divenuti maggiori. Allora, operazione per operazione, chirurgia contro chirurgia, si può concepire l’inverso: in che modo ‘minorare’ (termine usato dai matematici), in che modo imporre un trattamento minore o di minorazione, per sprigionare dei divenire contro la Storia, delle vite contro la cultura, dei pensieri contro la dottrina, delle grazie o delle disgrazie contro il dogma?” (dal testo di Gilles Deleuze).
Il volume si compone di tre parti: 1. una rilettura del Riccardo III di Shakespeare elaborata da Carmelo Bene e andata in scena alla fine del 1977, in cui il dramma storico diviene un’acuta, serrata meditazione sulle questioni del femminile e del potere; 2. il saggio di Gilles Deleuze Un manifesto di meno, in cui in alcune famose, densissime pagine affiorano sia il ritratto del grande attore appena scomparso, sia una teoria del teatro che è ancora destinata a fare scuola; 3. la risposta di Carmelo Bene al saggio di Deleuze, in cui i concetti deleuziani vengono fatti deflagrare (Che le parole cessino di far “testo”…) e al contempo acquistano nuove prospettive di leggibilità.