Può l’incontro tra un viceré akan e un capitano portoghese, avvenuto nel 1482 sulle coste della Guinea, rivelarsi un presagio dell’attuale disparità di ricchezza tra bianchi e neri? E quale correlazione esiste tra l’assassinio di una quattordicenne a bordo di una nave schiavista, la profilazione razziale e il sistema carcerario degli Stati Uniti di oggi? Seguendo le tracce dei prigionieri che dalle zone interne dell’Africa occidentale venivano portati sulla costa per essere imbarcati verso le Americhe, Saidiya Hartman ripercorre le tappe della tratta atlantica degli schiavi, ed esorta a considerare gli effetti della schiavitù su tre secoli di storia africana e africana americana. Passato e presente si incrociano in un intreccio narrativo in cui episodi del violento passato di oppressione si riconnettono alla realtà vissuta dai figli della diaspora africana che, come la stessa autrice, vivono nella società profondamente razzializzata di oggi. A metà tra narrazione storica e memoria autobiografica, il suo viaggio si rivela una potente riflessione che interroga la storia, la memoria e l’identità.