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Critico culturale radicalmente «pop», Fisher è stato in grado di scorgere il comune denominatore sociopolitico che sottende voci e forme artistiche diversissime. Fondendo nella sua analisi letteratura, filosofia, economia e archeologia culturale, ha tracciato linee che convergono verso il nodo cruciale delle sue riflessioni: la fallacia di pensiero che da decenni condiziona le nostre esistenze: quel «realismo capitalista» che ci induce a credere che, per quanto la situazione possa apparire disperata, non esiste alternativa. Nelle interviste, nelle riflessioni e negli scritti sulla letteratura contenuti nel quarto e ultimo volume della raccolta K-punk, Fisher analizza le migliori distopie e le peggiori utopie della nostra epoca, la nostra ossessione nostalgica e la nostra incapacità di inventare il futuro, la deriva censoria della sinistra, la scomparsa della dialettica di classe dal discorso politico e la privatizzazione della depressione. Gli scritti di Mark Fisher – intelligentissimi, illuminanti, a tratti dolorosi – non smettono di sorprendere, e confermano quanto sia necessario il suo pensiero per comprendere il contemporaneo e per provare a immaginare il tempo che ci attende.