Si confondono spesso i beni comuni e i beni collettivi, riducendo i secondi ai primi, ossia a beni condivisi. Ma i beni collettivi sono ben di più: sono micro-istituzioni che danno ai singoli la capacità di governare insieme le risorse. Una capacità politica oltre che economica, in quanto consente ai membri di una comunità di partecipare all’elaborazione delle proprie regole, in quella che si configura come una prassi istituente collettiva. Il che certo non esclude la comparsa di derive egoistiche, un problema che Elinor Ostrom non elude, indagando sul campo le modalità con cui i gruppi auto-organizzati riescono a scongiurare comportamenti individuali potenzialmente pericolosi. Ed è a partire dal suo lavoro fondativo che Jourdain ci mostra come i beni collettivi siano inscindibili dalle comunità e da un senso collettivo che porta gli individui a negoziare in una prospettiva irriducibile agli interessi egoistici immediati. Si profila così una concreta alternativa che permette di cambiare radicalmente il modo di intendere le macro-istituzioni come lo Stato e il mercato e di individuare una terza via capace di riappropriarsi collettivamente delle cose di tutti.