Il mondo che conosciamo è un lontano ricordo. L’epoca della Noia, segnata dalla supremazia dell’essere umano sulla Terra, ha ceduto il passo al regno dei Gente, organismi in parte umani e in parte animali che vivono in quel che resta dell’Europa: tre città labirintiche, agglomerate su loro stesse per resistere al deserto che avanza e governate dal saggio e distaccato Cyrus Golden, il Leone. Ma mentre il re degli animali dorme, altre forze si stanno risvegliando: l’ultima, disperata resistenza umana; il popolo degli Atlantidi, con i suoi misteriosi progetti nelle profondità del mare; le fazioni del tasso, della volpe e della lince, nate in seno all’impero e con ambiziosi piani di espansione e conquista; e, nella giungla oltreoceano, una nuova minacciosa forma di vita postbiologica.
Questo è lo scenario di un romanzo futuristico come L’abolizione delle specie, che offre una prospettiva inedita e fantastica sul declino e la rinascita delle civiltà. Abbracciando millecinquecento anni di storia, un viaggio nei cinque continenti, una fuga sulla Luna e la terraformazione di Venere e Marte, oltre che la manipolazione del tempo, Dietmar Dath costruisce un mondo dove la teoria dell’evoluzione, la matematica e la musica ridefiniscono i destini degli abitanti della Terra e dei loro discendenti. Una guerra che coinvolgerà tre pianeti e innumerevoli popolazioni, fra tradimenti e massacri, tecnologie micidiali e ricerca del sacro, mettendo in scena interrogativi filosofici sull’identità e i ricorsi della storia.
«Dietmar Dath è l’ultimo vero profeta della letteratura tedesca» sostiene il quotidiano Die Welt, «un esploratore del linguaggio per il quale non esistono limiti o barriere: il suo mondo è completamente folle».
L’abolizione delle specie è il suo capolavoro.