I piatti proposti in questo volume, tutti ripresi dai ricettari di difesa alimentare scritti durante la Grande Guerra, ci raccontano come la «cucina povera» – quella inventata dalla retorica dei bei tempi andati – in realtà non sia mai esistita. È invece esistita una cucina dei poveri – «i diseredati dalla fortuna costretti a fare di necessità virtù», come li ha definiti Pellegrino Artusi – che per mettere insieme il pranzo con la cena hanno sempre aguzzato l’ingegno, facendo un uso attento e creativo delle risorse disponibili per cucinare cose buone anche in tempi difficili. Così questa narrazione ci parla al contempo di una gastronomia inventata con gli alimenti più comuni, ma anche della cultura delle classi minori italiane all’inizio del Novecento e della loro distanza dal potere. Anche davanti ai fornelli. Un libro nato da una ricerca storica che vorrebbe essere uno stimolo per una nuova cucina resistente. Perché i tempi difficili non sono ancora finiti.