Il sublime astratto

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120 pp.
2024

L’incomprensione è parte integrante delle relazioni umane, e quando a comunicare sono Erwin Panofsky, il massimo teorico dell’iconologia medievale e rinascimentale, e Barnett Newman, esponente e principale teorico dell’Espressionismo Astratto, il disastro è assicurato. Soprattutto se nessuno è intenzionato a scendere a patti. Una polemica attorno al termine “sublime” dà il la per una riflessione molto più ampia sullo stato dell’arte aniconica. Negli Stati Uniti in particolare questa si è voluta annunciare completamente aliena non solo nei confronti della tradizione figurativa e delle categorie del bello formale e del classicismo di stampo europeo, ma anche rispetto alla stessa arte astratta del Vecchio Continente. L’astrattismo americano aveva come obiettivo principale quello di liberarsi da ogni proporzione e dalla rigidità delle forme e della geometria, senza per questo rinunciare al contenuto, aspetto che critici e teorici come Panofsky faticavano anche solo a immaginare. In questa antologia di saggi, curata da Pietro Conte, emergono le posizioni di sostenitori e detrattori di quella corrente che ha posto come obiettivo la costante ricerca, il tentativo di suscitare un terrore mescolato al piacere, con la perdita di tutte le coordinate e i punti fermi, esprimendo ancora, ma in modo completamente nuovo, il sublime.