Iniziato nel 2006 e chiuso d’autorità tre anni dopo, il blog dell’artista e architetto Ai Weiwei si è imposto all’attenzione internazionale come una delle testimonianze culturali e politiche più coraggiose della Cina contemporanea. Critico implacabile del potere, nel solco della tradizione degli “intellettuali pubblici” del Novecento, Ai ha ripreso nei suoi scritti le rivendicazioni di pluralismo soffocate nel sangue a piazza Tienanmen nel 1989, usando internet per denunciare le conseguenze materiali e morali ‒ occultate dalla propaganda di regime ‒ del modello di sviluppo cinese: la mancanza di diritti politici, il feroce sfruttamento del lavoro, la distruzione dell’ambiente e della memoria storica, la repressione violenta delle minoranze, l’arroganza impunita dei ricchi e dei potenti, il rigido controllo dell’opinione pubblica. Sfidando la censura, Ai Weiwei ha creato un’inedita forma di resistenza civile e culturale: nei suoi post si alternano critica e denuncia, si discutono le ultime novità artistiche, si additano impietosamente le ipocrisie ufficiali, si mettono a nudo con umorismo e forza polemica le menzogne, il cinismo, la rassegnazione indotti da un potere che tra paternalismo e mano dura mantiene i propri cittadini in un’eterna infanzia nella quale i riti consumistici hanno sostituito la mobilitazione permanente dell’epoca di Mao.
Il blog di Ai Weiwei ora tradotto in italiano rappresenta anche una prova della forza di resistenza dell’arte, una scommessa sulla sua capacità rigeneratrice. Rinnovando l’impulso dell’avanguardia moderna, il diario digitale di Ai diventa un dispositivo di mobilitazione collettiva, una “scultura sociale” che oltrepassa i confini della creatività tradizionale per sollecitare domande urgenti sul ruolo e sulla responsabilità dell’artista, degli spettatori, di tutti noi. Una scultura viva, un agente di trasformazione del mondo grazie al quale la dimensione della moltitudine che caratterizza il nostro campo sociale può acquistare autoconsapevolezza e scoprire la propria forza, ritrovando il valore essenziale della verità e con esso la possibilità di un tempo e di uno spazio diversi, a misura di un’umanità più completa, e più libera.