«Internet è un’entità aliena», annunciava David Bowie nel 1999: oggi la profezia si è avverata, e i nostri strumenti digitali sono diventati portali magici dalle proprietà misteriose, finestre che affacciano su una dimensione al limite tra sogno e realtà. Oltre lo specchio degli schermi che teniamo comodamente in tasca, abbiamo scoperto una regione infestata da presenze strane – a volte minacciose, a volte surreali, a volte affascinanti, altre volte insensate. Sono le stesse presenze che, negli ultimi quindici anni, hanno plasmato le cosiddette «estetiche di internet», quell’insieme di sottoculture, narrazioni popolari e linguaggi visivi e sonori grazie ai quali l’entità aliena si è finalmente dichiarata al genere umano. La rete si rivela allora per quello che davvero è: una sogliatanto fisica quanto mentale in cui accadono cose bizzarre, il tempo viene deformato, e noi ci ritroviamo ad abitare una dimensione intermedia, un territorio che non è «né di qua né di là». Exit reality è il primo tentativo di mappare un mondo che, intriso di spiazzanti qualità allucinatorie, ci appare come un pianeta parallelo emerso dalle galassie del codicespazio. A partire dall’avvento della vaporwave, che nei primi anni Dieci infuse di qualità fantasmatiche l’immaginario nativo della rete, Valentina Tanni ci accompagna in una discesa tra i livelli che passa per l’orrore silenzioso delle backrooms, sfiora l’ossessione per la stimolazione sensoriale dell’ASMR, attraversa il surrealismo algoritmico del weirdcore, e approda alle pratiche pseudomagiche del reality shifting e dei rituali memetici. Il tutto, mentre restiamo comodamente seduti davanti allo schermo, all’interno di una battlestation pronta a decollare per un viaggio astrale senza ritorno, eternamente intrappolati nello spazio liminale nato dal rapporto, ormai inscindibile, tra le visioni dell’essere umano e i sogni della Macchina.