C’era una volta un impostore. C’era una volta Paolo Ventura, fotografo, pittore, scenografo, costumista. C’era una volta perché quest’autobiografia è in realtà una favola nella quale ogni lettore troverà qualcosa della sua storia, della sua infanzia, della sua città, se è nato a Milano, e Milano sono cent’anni di vita italiana. C’era una volta un bambino che ogni domenica andava a mangiare dalle zie, e dopo pranzo sognava di sparire come un fantasma. E avrebbe voluto essere un fantasma anche a casa, quando suo padre, che era un bravissimo illustratore, ma anche un mago crudele, lo metteva in castigo. C’era una volta un ragazzo che andava male a scuola e che fuggiva nel suo mondo di battaglie, trincee e soldati al fronte, e per fuggire disegnava. Come in ogni favola anche in questa ci sono i buoni, la nonna Giulia, che veste i morti e insegna l’amore, e Andrea, fratello gemello e incantesimo di natura. E poi c’è Kim, e lei è tutto, un nuovo inizio. L’ultima volta che Paolo ha detto C’era una volta è stato quando ha lasciato Parigi, dove era un fotografo di moda, e si è ritrovato a New York. Nella foresta oscura della metropoli Paolo è arrivato senza nulla. Lontano credeva di essere al sicuro. E invece una briciola dietro l’altra è entrato nel castello dei ricordi, terribili come la guerra, lievi come l’arrivo di un circo alla periferia della città. Quando Paolo esce, è giorno. C’era una volta una favola che racconta la nascita di un artista.