Kikì Dimulà è una delle voci poetiche più rappresentative della poesia greca. Recentemente scomparsa, è stata molto amata dal largo pubblico e più volte candidata al premio Nobel. Paola Maria Minucci e Francesca Zaccone curano per la collana di Poesia una scelta della sua opera completa, restituendo così un’immagine complessiva del suo lavoro dalle primissime poesie fino all’ultima raccolta. La poesia di Kikì Dimulà si offre a una lettura stratificata: sotto una superficie di più immediata comprensione, invita il lettore a scoprire livelli sempre più profondi, senza paura di sondare gli strati più impervi dell’animo, di mettere a nudo le falde più insidiose della natura umana. Al di là delle apparenze, è il mondo interiore di Dimulà il protagonista della sua poesia, anche se parla attraverso gli oggetti del quotidiano e le sue manifestazioni più umili – la polvere, il nido di una cicogna, gli occhiali, le fotografie, il giornale –, che finiscono per assumere altri ruoli, altri significati. Ed è proprio da questo incontro, ora sorprendente ora stridente, tra il suo mondo interiore e quello esteriore – tra le «aree che gli altri non riconoscono reali», nelle quali lei «si espande e vive illegalmente» e l’«area ammessa e legale», l’area dell’«amarezza terrena» –, che nasce la sua poesia e l’emozione profonda dei suoi testi, in cui l’azione di scavo è portata avanti anche e soprattutto attraverso la lingua. Su quest’ultima Dimulà lavora con una creatività incessante, dando vita a un universo poetico estremamente fertile, in cui germogliano senza sosta immagini sorprendenti, sbocciano metafore inconsuete, una dopo l’altra, nascono termini del tutto originali, si producono associazioni insolite, forme sintattiche ardite e assolutamente originali. E tutto questo governato da uno sguardo velato da una sottile ironia, a volte impalpabile, altre forte più accentuata, che serve a Dimulà per raffreddare e contenere uno spirito che – nonostante questo lavoro incessante di scandaglio – resta tenace e incita senza esitare al coraggio e alla resistenza, nonostante un pessimismo «biologico»: «Non lo escludere. Anche altre volte uno straccio la resistenza/ e tuttavia si è rivelata superuomo» (Madre del piano di sopra).